Il termine "ecomuseo" denuncia
il momento storico, la fine degli anni '70, in cui nasce il movimento
ambientalista.
All'interno di questa definizione confluiscono tradizioni diverse:
in Italia possiamo ricostruire un filo comune di evoluzione degli
ecomusei pensando a come giá all'inizio degli ani '70 si
siano diffusi i musei di arti e tradizioni popolari, nati come risposta
alla paura di perdere definitivamente i valori della società
agricola tradizionale. In quegli anni infatti si assisteva ad una
forte spinta all'industrializzazione e all'urbanizzazione, che stava
determinando un progressivo abbandono delle campagne e dei lavori
manuali tradizionali. Questa attenzione per le campagne e la microstoria
delle masse silenziose, che trovava nella Scuola delle Annales i
suoi rifeirmenti teorici, si arricchiva, in Italia, di una connotazione
politica di stampo gramsciano: l'interesse per il riconoscimento
(documentario) della storia delle classi subalterne. Non interessa
in questa sede ricostruire l'origine del movimento degli ecomusei
che potremmo far risalire almeno alla fine dell'ottocento, ma questa
storia, solo brevemente accennata, é indispensabile per comprendere
quali e quante sfumature culturali di matrice nazionale e fina anche
locale si siano inserite in questo movimento rendendo di fatto inutile
ricecare una radice comune tra gli ecomusei esistenti. Ha senso
invece domandarsi quale significato dare oggi agli ecomusei, a fronte
di un movimento che risulta essere di lunga durata e di diffusione
mondiale.
Partiamo allora da alcuni "distinguo", per trovare quelle
caratteristiche che ci interessa preservare del nebuloso concetto
di ecomuseo. Bisogna allora distinguere l'ecomuseo dall'ecologia:
benchè legati da un'origine comune , l'ecomuseo dovrebbe
prendere in considerazione un ambiente diverso da quello di cui
si occupa abitualmente l'ecologia. E' infatti differente la scala
e la qualità del concetto di ambiente che pure è il
loro oggetto comune di ricerca: se l'ecologia intende l'ambiente
come un insieme organico che non può essere spiegato in una
dimensione esclusivamente locale ma deve essere visto nelle sue
implicazioni globali, come ambiente nel suo insieme (fatte salve
le distinzioni fra ecosistemi diversi e comunque interdipendenti),
l'ecomuseo applica a questa dimensione dell'ambiente una scala differente,
quella di un ambiente locale, di un territorio delimitato da precisi
confini .
La seconda differenza nei confronti dell'ecologia è la qualità
del territorio: se infatti l'ecologia affronta in special modo l'ambiente
naturale e, quand'anche si interessi di ambiente antropizzato, lo
interpreta dalla prospettiva dei cicli di vita e riproduzione naturali,
l'ecomuseo dovrebbe interessarsi solo dell'ambiente antropizzato,
dell'ambiente modificato e trasformato dall'uomo: l'ambiente urbano,
l'ambiente creato e modellato attraverso le produzioni agricole
e industriali. In questo senso l'ambiente è la base spaziale
e materiale delle relazioni umane di una comunità, ovvero
un territorio delimitato dalle condizioni del riconscimento identitario
da parte di una comunitá locale. La qualità e rilevanza
di queste relazioni sono essenziali nella comprensione del ruolo
che devono ricoprire gli ecomusei nella società contemporanea.
Una seconda distinzione da fare è tra gli ecomusei e la Nuova
Museologia. Anche in questo caso i due termini tendono a confondersi
e a finire per indicare la stessa cosa, non tanto nel parlare comune
quanto nel mondo della museologia. La ragione é ancora legata
ad un'origine comune, entrambe i termini apparvero e si diffusero
in ambito internazionale attraverso le riunioni dell'ICOM tra la
metà degli anni'70 e l'inizio degli anni '80. Per la Nuova
Museologia i musei dovevano interpretare e legarsi alla società
contemporanea per rispondere ai bisogni della comunità di
riferimento. Questa nuova sensibilità consisteva nel trattare
le questioni attuali attraverso una prospettiva multidisciplinare
ed olistica, proponendo delle esposizioni che trattassero i temi
della società con una sensibilità alle differenze
culturali, antropologiche e di genere, rispondendo alle domande
culturali della comunità locale e rendendola consapevole
nei confronti del proprio patrimonio. Di fatto le idee relative
ad un "museo integrato" con la società attuale
e di un "museo comunitario" come professava la Nuova Museologia,
trovavano negli ecomusei una delle risposte ai bisogni della società.
Infatti questa nuova tipologia di museo che negava la presenza di
collezioni storiche, l'esposizione in luoghi chiusi di un patrimonio
naturale e culturale locale, sembrava essere una applicazione pratica
di quei principi. Questa corrispondenza é però solo
apparente e la storia successiva lo ha dimostrato. Il movimento
della Nuova Museologia ha avuto un ruolo nella storia museale in
quanto movimento di idee, i cui principi si sono diffusi nella gran
parte delle tipologie dei musei attuali, persino in quei musei piú
tradizionali contro cui il movimento stesso era nato. Oggi, a trant'anni
di distanza, la Nuova Museologia ha perso forse quei caratteri di
novità. Cosí gli ecomusei, che per primi avevano adottato
questi principi, oggi si caratterizzano per altri elementi che,
come vedremo, sono piú legati allo sviluppo identitario e
culturale di un territorio e, al contempo, alla costruzione della
sua competitività.
Connessioni
Uno dei concetti fondamentali della filosofia ecomuseale è
quello di "conservazione in situ", è infatti a
partire da questo principio che si giustifica la creazione di musei
all'aperto, che esistono all'esterno delle mura di un palazzo e
all'interno però del loro contesto naturale di appartenenza.
Secondo questa idea l'interpretazione di un oggetto puó essere
fatta solo all'interno del contesto d'origine, tutto il resto é
ricostruzione e spesso falsificazione. Oggi, dopo la nascita di
molti parchi archeologici e open-air museums ed ecomusei soprattuto
del Nord-Europa, siamo abituati alla visita di scavi e di villaggi
storici preservati sul luogo, e quindi la domanda da porci non é
piú rispetto all'efficacia della conservazione in situ, quanto
piuttosto di quale tipo di contesto abbiamo bisogno per poter speigare
quel sito.
Non mi sembra oggi tanto importante soffermarsi sulla necessità
di conservare un'edificio storico all'interno del suo particolare
contesto di appartenenza, anche perché le ricerche svolte
sul pubblico dei musei hanno rivelato da tempo che, ad esempio,
una casa contadina restaurata in un contesto agricolo non soddisfa
la curiosità del visitatore. Ciò è tanto piú
vero quanto piú risulta recente il passato storico di riferimento:
a questo punto il significato della scelta selettiva nei confronti
di quell'edificio e la sua assunzione a luogo della memoria e a
patrimonio culturale rischia di non venir compreso perchè
si assiste alla musealizzazione di luoghi ed oggetti comuni. Diversa
invece é la situazione in cui vengono conservati piú
che i singoli edifici le relazioni esistenti fra di loro: le connessioni
in situ. Ogni elemento architettonico deve quindi essere messo in
contesto e messo in relazione con altri, riconducendolo allinterno
di quell'infrastruttura produttiva e sociale che esisteva su quel
territorio. Si dovrebbe allora parlare di sistema: ad esempio il
sistema dei mulini collegati fra di loro a certe distanze topografiche,
il loro collegamento con i sentieri, le strade e il percorso dei
corsi d'acqua, la loro relazione con i granai e i magazzini, quella
con i carri e i trasporti, con i mercati cittadini. Un secondo esempio
é l'ecomuseo realizzato a Bergslagen in Svezia ove ogni sito
si collega sia al sito suo più vicino in termini topografici,
permetendo di raccontare proprio la storia del processo di estrazione
dei metalli (tema di questo ecomuseo) che al sito più vicino
in ternini tematici permettendo degli approfondimenti sullo stesso
argomento e percependo cosí sia il sitema di prossimità
(processo di produzione) sia il sitema delle distanze (concorrenza
all'interno di uno stesso territorio).
Un ecomuseo che vuole uscire dai dettami della casualità
legati alle collezioni private rischia però di cadere nella
trappola di trovarsi una collezione perfettamente giustificabile
per quanto concerne la coerenza col territorio d'origine, però
altrettanto arbitraria dal punto di vista dello sviluppo storico
di quel territorio. Si rischia di musealizzare la "cultura
vivente" distaccandola da un sistema di relazioni col territorio
(relazioni di tipo sociale) che la giustificano. La contestualizzazione
di un sito infatti richiede il riconoscimento del significato che
quel luogo assume in relazione all'insieme dell'ambiente circostante,
ovvero delle relazioni che esso mantiene con altri siti. Altrimenti
l'ecomuseo rischia di diventare un "heimatmuseum" che
ricorda, come in un'istantanea, una porzione assai piccola e statica
della storia di quel territorio. La scelta assai comune di conservare
alcuni strumenti di lavoro tradizionali non salva l'ecomuseo dall'essere
per il visitatore poco comprensibile e quindi noioso oltre che fortemente
datato da un punto di vista prettamente museologico.
Dieci regole per valutare gli ecomusei
1. I siti devono essere accessibili ai visitatori.
2. I siti selezionati devono consentire una migliore conoscenza
del territorio e promuovere nuove interpretazioni. Il territorio
é l'oggetto dell'ecomuseo.
3. L'ecomuseo deve predisporre dei percorsi mirati alla lettura
e comprensione del paesaggio rispettando tutte le sue componenti
(naturale, umana, economica, storica, ecc.) e permettere un'ampia
e differenziata fruizione.
4. I confini dell'ecomuseo devono essere definiti dal sistema integrato
delle relazioni che intercorrono tra fattori umani e naturali del
territorio.
5. I siti devono essere tematicamente coerenti all'immagine dell'ecomuseo
nel suo complesso e mostrare i links con gli altri siti dell'ecomuseo
(interconnessione).
6. I siti devono avere un'immagine coordinata (corporate image):
a. Comunicazione di marca attraverso il logo dell'ecomuseo. b. Comunicazione
esterna attraverso la segnaletica sulle principali vie di trasporto.
c. Comunicazione interna attaraverso la segnaletica informativa
sul singolo sito, la segnalazione dei rimandi alla carta generale
dell'ecomuseo e dei links con glialtri siti simili.
7. L'ecomuseo deve coinvolgere la popolazione locale, le istituzioni
culturali e scolastiche, le strutture associative locali ("people-centred-action").
8. L'ecomuseo deve svolgere la sua missione attraverso la collaborazione
con altre componenti: popolazione locale, associazioni culturali,
comuni, provincie, regione, Comunitá Europea, privati.
9. L'ecomuseo deve sviluppare nella popolazione il senso di responsabilità
per il proprio patrimonio ("community empowerment").
10. L'ecomuseo deve rafforzare l'dentità territoriale e promuovere
il territorio attraverso un turismo culturale e sostenibile.
Patrimonio, territorio e turismo: tre fattori da dover conciliare
Alla trasformazione del concetto di museo che oggi comprende molte
forme diverse: il museo all'aperto, il museo di comunità,
di tradizioni popolari, il centro di attività, il parco culturale,
il parco letterario, il parco archeologico, ecc.; ha contribuito
anche la trasformazione di altri concetti centrali per il ruolo
odierno dell'ecomuseo. Si è trasformato il concetto di patrimonio,
si parla oggi di patrimonio non solo in termini oggetti, costruzioni
e opere ma anche più in generale di patrimonio culturale
che include anche aspetti immateriali della cultura. Inoltre oggi
anche nelle istituzioni più tradizionali si è fatta
strada l'idea di un patrimonio diffuso e non solo di singole opere
da conservare.
Il secondo aspetto sotto cui va letto oggi il patrimonio è
quello del suo aspetto sociale oltre che storico-estetico. Per patrimonio
culturale oggi si intendono non solo testimonianze materiali ma
anche aspetti culturali immateriali quali la tradizione orale, le
specificità linguistiche, la produzione musicale, i prodotti
alimentari tipici, le abitudini sociali o il saper fare legato ad
alcune produzioni artigianali.
Il patrimonio infine si lega al concetto di identità e di
territorio, le basi materiali e soprattuto immateriali su cui si
fonda il riconoscimento di una comunità e il suo radicamento
fisico ad un territorio che diventa dunque esso stesso patrimonio.
Il concetto stesso di territorio è
mutato in questi ultimi trent'anni, da una definizione del territorio
espressa solo in termini geomorfici (configurazione delle montagne,
pianure, corso dei fiumi ecc) o politico-amministrativi (confini
giurisdizionali delle singole amministrazioni) o economici (secondo
i parametri dell'economia fordista: il territorio come semplice
supporto alle attività economiche)... Il territorio è
percepito come un sistema complesso in cui la conformazione naturale
non è più distinguibile dalla trasformazione dell'uomo
operata sull'ambiente (si parla di ambiente antropizzato) che nel
corso del tempo ha modellato e si è a sua volta adattato
all'ambiente circostante. Il territorio quindi si è arricchito
di elementi culturali e talvolta ricongiungendosi con il sapere
popolare definiscono i reali confini di un territorio locale al
di là delle competenze amministrative. Le nuove teorie economiche
inoltre riconoscono il territorio come un fattore imprescindibile
di sviluppo delle imprese e un ruolo di potenziale produttore di
ricchezzam, a tal punto che si può oggi legittimamente parlare
di competitività del territorio o dei territori tra loro.
Infine anche il turismo in questi ultimi
anni ha conosciuto forme diverse da quelle del consumo di massa
cui siamo abituati. Un turismo familiare, concentrato in pochissimi
periodi dell'anno, intenso, di insediamento, di consumo culturale
nelle città e di relax nei luoghi di villeggiatura ("sea-sand-sun")
a cui ha fatto seguito una trasformazione spesso improvvisa, non
programmata e radicale dell'ambiente. Oggi a questo modello si è
affiancato un tipo di turismo che predilige destinazioni meno note
e "battute", meno stanziale e più distribuito nel
corso dell'anno ma di durata più breve. Fa capo a questo
secondo modello il concetto di turismo culturale legato ad una maggiore
conoscenza del territorio nel suo complesso e a forme di fruizione
del territorio consapevoli (festival, eventi culturali, fiere, turismo
gastronomico ecc...). Il turismo culturale intende il territoio
come espressione di una cultura unica e localizzata, quindi punta
su un'offerta che si trova solo in un certo luogo e che é
espressione diretta di una certa cultura. E' tuttavia molto importante
sottolineare che il turismo culturale si indirizza nei suoi intenti
allo stesso target del turismo di massa e non mira a raccogliere
una nicchia di turisti "educati". Non viene richiesta
al visitatore una conoscenza del territorio, ma la si offre attraverso
l'organizzazione di un sistema integrato di servizi: é una
sapere insito nella forma organizzativa e nella rete informativa.
Questo modello di turismo è spesso legato ad un progetto
di valorizzazione e promozione del territorio favorito dagli enti
locali, come l'apertura di luoghi storici, l'organizzazione di festival
itineranti ecc. Il risultato di questa programmazione e gestione
del turismo che prevede il proprio bacino d'utenza e valuta a posteriori
i dati quantiutativi e qualitativi di offerta dei servizi rientra
in una prospettiva di gestione del territorio a lungo termine e
di promozione di un territorio nel suo complesso, invece che di
alcune sue località come presso i maggiori "Tour operator".
Nelle istituzioni pubbliche più illuminate si è sviluppato
un certo interesse per lo studio di forme di turismo sostenibile,
concetto questo mantenuto nei principi generali di sostenibilità
e depurato da certe sfumaure ecologiste ortodosse e ormai legato
allo sviluppo del territorio sotto un profilo economico e di politica
degli investimenti sia pubblici che soprattutto privati. Nei casi
migliori il turismo sostenibile intende promuovere il territorio
nel suo complesso diversificando l'offerta a seconda delle diverse
tipologie di visitatori, del calendario e delle potenzialità
culturali, rispettando il principio della sostenibilità che
come suggerisce H. de Varine, consiste nell'" assicurare le
condizioni attraverso cui il contesto naturale e culturale in cui
(il turismo) si inscrive sia rispettato e valorizzato anziché
distrutto o alterato in modo irreversibile" . Inoltre il concetto
di sostenibilità si lega oggi alla gestione di quell'indotto
economico che l'industria turismo porta in un territorio favorendo
la crescita economica dell'intera area piuttosto che di un singolo
settore (ristorazione, albergatori) e creando nuove figure professionali.
Economia della conoscenza
La sensibilità economica attuale riconosce nella conoscenza
una gran parte dei fattori competitivi delle aziende e più
in generale di un territorio. L'economia per mille versi sembra
essere intrecciata all'apprendimento. Più complesso invece
sembra riuscire a trovare dei parametri qualitativi attraverso cui
poter di valutare questo fattore: in che modo l'apprendimento genera
valore e costituisce una fonte di vantaggio competitivo per i sistemi
locali? La questione è prettamente metodologica perchè
si tratta di trovare degli strumenti teorici in grado di poter interpretare
come, quando e perché la conoscenza viene prodotta, scambiata
e utilizzata negli scambi economici. Senza addentrarci nella vasta
letteratura scientifica di stampo psicologico-cognitivista che cerca
di definire le qualità della caonoscenza possiamo quantomeno
estrapolare tre dimensioni ricorrenti nei diversi approcci scientifici.
La conoscenza in una prospettiva economica risulta intrinsecamente:
o dinamica, perché il suo valore aumenta e diminuisce nel
tempo e si mantiene solo se viene continuamente rigenerato
o relazionale, perché è sempre inserita in più
sistemi di relazioni (interpresonali, culturali) dalle quali dipende
l'intepretazione delle aspettative, dei modelli di comportamento,
delle consuetudini sedimentate negli individui e nei sistemi sociali
o contestuale, perché è legata a particolari contesti
di azione: "tutta la questione delle relazioni competitive
tra imprese testimonia come la ricerca, l'innovazione, l'organizzazione
dell'interdipendenza richiede modalità di interazione a forte
consumo di fiducia e di intelligenza interpretativa, due risorse
che devono appoggiarsi a circuiti cognitivi sociali non banali"
La tesi di Nonaka è che la conoscenza sia una risorsa che
non viene solo distribuita (come si limita ad osservare la teoria
economica tradizionale) ma anche prodotta e, in particolare, creata
dall'agire sociale delle organizzazioni e non solo dall'apprendimento
individuale. In particolare esisterebbe a fianco di una conoscenza
esplicita (o codificata) che è trasferibile attraverso un
linguaggio formale e sistematico, una conoscenza tacita, più
difficile da riconoscere ma largamente diffusa e condivisa: quella
radicata nell'azione, nell'impegno e nel coinvolgimento in uno specifico
contesto. Questa chiama in causa due aspetti: una dimensione cognitiva
(schemi, paradigmi, modelli mentali, punti di vista) e le credenze
che ci portiamo con noi.
La competitività stessa delle imprese e le loro capacità
tecnologiche sembrano sempre più legate alle caratteristiche
dei territori di appartenenza, che svolgono ruoli di crescente importanza,
tra cui quelli di porta internazionale, integratore, marchio d'identità,
produttore e diffusore di conoscenza.
La competitività del territorio
Peter Davis si è interessato alla questione di come definire
le specificità di un luogo, ovvero cos'è che rende
particolare un certo luogo e come si fa ad estrarre questi elementi.
A tal proposito Davis riprende alcune idee del movimento inglese
Common Ground che, negli anni '80, ha coniato il termine "local
distinctiveness" per esprimere l'insieme dei fattori naturali
e culturali che rendono speciale ed unico un luogo. Ad esso possiamo
associare il senso di appartenenza, il senso del luogo, la consapevolezza
di trovarsi in un luogo con carateristiche particolari e tipiche,
diverse dagli altri luoghi. La local distinctiveness, pur rimanendo
un concetto ancora poco afferrabile, viene definita con grande intuito
in termini relazionali, come "la somma dei punti di connessione
tra i luoghi e le persone". I luoghi sono allora definiti certamente
dalla natura fisica, ma anche da questa invisibile rete di connessioni.
Questo concetto ritorna oggi di grande attualitá per gli
ecomusei perché lega la specificitá del luogo alla
densitá della rete di relazioni esistenti su un territorio.
I parametri attraverso cui leggere questo territorio sarebbero:
o dettaglio, come l'insieme di piccoli
elementi comuni che rendono riconoscibile e familiare un certo luogo
e sviluppando quel senso nascosto di apartenenza legato ai luoghi
comuni
o autenticità, ha a che fare con il riconoscimento della
genuinitá del luogo
o patina, é línsieme delle tradizioni, dello sviluppo
temporale di un luogo
o particolarità, sono gli elementi rari e unici che si trovano
solo in quel luogo
Il lavoro di Common Ground è
stato ripreso da P. Davis per tentare di tracciare un mappa delle
caratteristiche locali della città in cui vive e insegna,
New Castle. Davis ha stilato una lista di elementi da cui partire
per ricostituire questa mappa. E' a proposito di: architettura,
costruzioni, arte, palazzi, modi di vestire, accento linguistico,
tradizioni, cibi e bevande, comportamenti sociali, attitudini, persone,
caratteristiche naturali del luogo, tradizioni, feste, musiche,
e senso della stroia locale. Si tratta dunque di un esempio di come
queste specificità locali appaiano essere elementi interni
alla comunità su cui si ricerca, sono elementi interni e
fondanti dell'identità locale. Solo quella comunità
è in grado di enunciarli rispetto ai motivi per cui si sente
differente da quelle comunità confinanti. Ora nel momento
in cui si pianifica un ecomuseo bisogna partire da questa base per
identificare i confini e i temi portanti dell'ecomuseo, ma è
necessario, il lavoro del museologo, saper selezionare questi temi,
e legare quei siti veramente pertinenti ad essi, in un'ottica di
concorrenza fra i siti e i teritori.
Se non si ha come obiettivo quello forte di raccontare alcune storie
presenti sul territorio, le storie che manifestano la "local
distinctivness" rispetto ad altri territori vicini. Si deve
pertanto entrare in una logica di competitivitá fra territori
in cui e´inutile ed economicamente svantaggioso duplicare
dei siti museali.
Questi parametri per quanto generici sono da tenere in considerazione
per il nostro tentativo di trovare una metodologia per definire
la scala di un territorio e le dimensioni ottimali di un ecomuseo.
Tutti questi parametri che poi devono confrontarsi con gli aspetti
economici secondo cui possiamo parlare di competitvitá fra
territori e gli aspetti ammministrativi attraverso cui ridefinire
quando necessario dei confini locali, provengono da definizioni
che sono di origine locale, sono parametri che provengono dall'interno
del territorio, espressioni locali.
Certi luoghi, in particolare quelli dotati di una particolare reputazione,
hanno oggi la necessità di trovare una protezione del loro
nome. Una delle possibilità offerte dalle leggi è
quella di assegnare un marchio di qualità.
Questa prima esigenza di protezione troverebbe nel marchio due altre
giustificazioni: uno strumento di promozione del territorio e dei
suoi prodotti tipici e una certificazione di questa qualità/tipicità
dei prodotti. In questo dibattito l'ecomuseo non dovrebbe battersi
per ottenere le certificazioni di produzioni tipiche, che individuano
nel territorio un singolo caso di eccellenza, quanto piuttosto adottare
la logica di certificazione della qualità del sistema territoriale
nel suo complesso. Le certificazioni di processo (normative ISO
9000, EMAS) prevedono la definizione di un insieme di norme e l'esistenza
diun soggetto verificatore. In questo senso, l'ecomuseo dovrebbe
fare da garante e promotore dell'iniziativa di una carta di qualità
e coinvolgere quanti più soggetti possibile. Chi è
membro della carta fa parte di una rete di altre attività
territoriali delle quali condivide e rispetta gli standard qualitativi
e con le quali può condividere il bacino dei visitatori.
La rete dell'ecomuseo
L'idea del museo distribuito sul territorio è stata una grande
innovazione apportata dalla Nuova Museologia, il museo tradizionale
doveva aprire le sue porte, fare a meno delle sue mura e adotare
una struttura più consona alla distribuzione sul territorio
del patrimonio culturale. Anzichè riunire gli oggetti staccandoli
dal loro contesto, l'interpretazione in situ richiedeva una nuova
idea di museo frammentario, costituito da diversi siti di interesse.
Oggi questa idea si è largamente diffusa ha prodotto diverse
forme museali, quali l'ecomuseo, l'open-air museum, i siti archeologici,
le riserve naturali, i parchi naturali ecc.. L'ecomuseo inoltre
giustificava questa nuova organizzazione con l'idea che fosse prioritario
interpretare l'ambiente e che, di conseguenza, qualsiasi artefatto
strorico che si trovasse nell'ambiente fosse "ipso facto"
giustificato. Il nord europa ha portato a fondo questa impostazione
rivendicando una dignità storico-culturale dell'ambiente
e di ogni frammento della sua storia. Infatti assistiamo alla presenza
di molti ecomusei che altro non sono che dei Parchi Naturali o Riseve
Naturali in cui sono state restaurate e rese accessibili delle costruzioni
storiche. Il problema di questi ecomusei è che non c'è
alcuna omogeneità tra i siti che fanno parte del museo, ognuno
di quei luoghi è un "unicum" di periodi storici
molto lontani fra loro. A questa filosofia secondo cui ogni luogo
ha degli elementi spicifici che devono essere riconosciuti, protetti
e celebrati e che l'intero ambiente sia un unico grande museo che
giustifica tali frammenti di storia locale (fragmented museum),
io sostituirei la logica del connected museum, dove ogni sito viene
scelto in relazione ai collegamenti che a tutt'oggi, se ben interpretati
ed evidenziati, esso intrattiene con altri siti dell'ecomuseo. Dove
ogni singolo sito è l'elemento di spiegazione di un sistema
culturale e produttivo riconoscibile sul territorio. Bisogna ragionare
allora in termini di cicli produttivi, di flussi economici e di
sistemi di trasporto e di comunicazione. Il museo tradizionale era
infatti costituito a partire da una soggiacente idea di estetica
del frammento , ove per frammento si intende un particolare ormai
staccato dal suo contesto di origine, un parte di un tutto, della
cultura di appartenenza ormai perduta per sempre per ragioni sotirche
o di lontananza geografica. Il frammento mantenuto nel museo ha
dunque la funzione di ricostruire un mondo che non esiste più.
L'ecomuseo come è stato concepito trent'anni fa aveva questa
stessa logica ed urgenza (musei di arte e tradizioni popolari):
salvare gli oggetti e le tradizioni che sis tavano perdendendo con
la nuova società industrializzata e con la morte degli ultimi
detentori delle tradizioni, della cultura orale e dei mestieri.
L'ecomuseo di oggi ha bisogno di rifarsi ad una estetica del dettaglio
: ovvero dall'intero territorio si evidenziano quei luogi che meglio
rappresentano la storia e la cultura locale perché ne sono
tuttora parte vivente, sono inseriti in un sistema di relazioni
ancora leggibile. Le relazioni che collegano i nodi della rete territoriale
intessuta dall'ecomuseo vengono esplicitate dalla presenza sul territorio
di luoghi particolarmente densi di storia sociale (dettagli). Secondo
questa logica se vogliamo calarci in una simulazione pratica, l'ecomuseo
non dovrebbe includere nei suoi confini dei luoghi storici privi
di una relazione "sistemica" con il resto dei luoghi dell'ecomuseo:
una sola miniera di carbone del secolo scorso non fa un sistema
estrattivo, un solo frantoio non racconta il sistema di produzione
olearia. Se é infatti importante restaurare un frantoio in
disuso, questo non puó diventare per l'ecomuseo un pretesto
per parlare di un ciclio di produzione che non sia caratteristico
del territroio, che non abbia intorno a sé un complesso sistema
di relazioni con altri luoghi di produzione, altrimenti si rischiaerebbe
di collezionare un insieme disomogeneo di siti che difficilmente
saranno visitati.
Ricerca dei confini
In senso letterale le reti sono formate essenzialmente da infrastrutture
lineari interconnesse come strade, canali, fiumi, cavi tra cui corrono
flussi di persone, merci, persone, energie, informazioni, denaro.
In questo tipo di reti si possono localizzare i percorsi e quntificare
i flussi.
In un senso più astratto la rete perde parte della sua fisicità
e diventa una modalità astratta per rappresentare relazioni
e connessioni tra soggetti.
L'ecomuseo si definisce sia attraverso la rete dei luoghi di un
territorio che delle relazioni umane esistenti in esso. Come si
possono allora definire i confini dell'ecomuseo? A mio parere si
tratta di fare la mappa di alcuni sistemi di relazioni esistenti
e di alcune infrastrutture minime pre-esistenti sul territorio e
altre invece da prevedere ex-novo. Ci sono due pericoli comuni nella
costituzione di nuovi ecomusei: il primo é quello di colmare
con l'ecomuseo un vuoto lasciato dalle altre istituzioni e il secondo
é quello di fare un'operazione di marketing territoriale.
Nel primo caso si assiste ad una sorta di mappa dei siti di interesse
presenti sul territorio che andrebbero valorizzati e finora erano
abbandonati e quasi sconosciuti e l'ecomuseo sembra la struttura
abbastanza flessibile per organizzarli; nel secnodo dei siti giá
appartenenti a piccole istituzioni locali che non potevano attrarre
un numero sufficiente di visitatori a causa della specificitá
dei temi trattati, sono stati messi in rete in un sistema di complemetarietá
per raggiungere un numero piú grand e diversificato di piccoli
temi. Per uscire dall'equivoco di un ecomuseo come ho deul territorio
che andrebbero valorizzati e finora erano abbandonati e quasi sconosciuti
e l'ecomuseo sembra la struttura abbastanza flessibile per organizzarli;
nel secnodo dei siti giá appartenenti a piccole istituzioni
locali che non potevano attrarre un numero sufficiente di visitatori
a causa della specificitá dei temi trattati, sono stati messi
in rete in un sistema di complementarietà per raggiungere
un numero più rappresentativo e diversificato di piccoli
temi. Per uscire dall'equivoco di un museo come ho descrito nei
due casi precedenti, sono convinto che l'ecomuseo non debba inventare
niente che già non sia presente sul territorio, ma solo mettere
in luce quello che la storia dei luoghi ha già predisposto.
Un ecomuseo innanzitutto deve avere un "spina dorsale"
riconoscibile sul territorio attorno a cui si organizza la rete
dei suoi siti.
Si tratta di una infrastruttura fisica attraverso la quale si esplicitano
i percorsi tematici: un ecomuseo a mio parere deve essere costruito
a aprtire dalle vie di comunicazione e di trasporto: un fiume, la
rete dei canali, un catena montuosa, una strada, dei sentieri. Esempi
in questo senso se ne possono fare molti, basti pensare all'ecomuseo
italiano della Montagna Pistoiese, che si snoda attraverso le valli
e le montagne a confine tra Toscana ed Emilia-Romagna, seguendo
i sentieri che portavano alle foreste di legname, i corsi d'acqua
che segnavano il ciclo di produzione del ghiaccio ecc., oppure Bergslagen
che si struttura intorno al sistema di canali e di chiuse che servivano
sia ai macchinari per l'estrazione del ferro, che piú a valle
per il raffreddamento delle fornaci, che per il trasporto del materiale
finito. Oppure in ambito anche non prettamente ecomuseale il lavoro
svolto recentemente in ambito giubilare per evidenziare i sentieri
della via francigena, un ottimo esempio di come a partire da un
sistema di strade sia possibile raccontare il sistema economico
collegato, il sistema dei castelli e delle fortificazioni, quello
degli ospedali, quello delle grange (luoghi di raccolta del grano),
quello delle pievi e delle abbazie, tutte strutture fisische orgnaizzate
sul territorio e con relativi universi culturali annessi. Le vie
di comunicazione, come primo sistema di relazioni fisiche, definiscono
e limitano anche una serie di temi che l'ecomuseo puó raccontare.
In questo caso intendo un'infrastruttura culturale: il patrimonio
culturale distribuito su cui si fonda l'identitá della comunitá.
Per un ecomuseo é necessaria anche un'infrastruttura tecnologica,
una rete informatica efficiente che garantisca la collaborazione
ammministrativa e una serie di consuetudini che facilitino la coerenza
e comunicativa. Se i siti dell'ecomuseo sono in rete é possibile
gestire in modo piú efficiente una struttura amministrativa
diffusa, oltreché offrire un'immagine coordinata all'esterno.
Nel Parco Culturale del Maestrazgo ad esempio, un ecomuseo spagnolo,
la realizzazione di un polo tenconologico e di una rete informatica
ha rappresentato la concreta possibilitá di gestire tanti
piccoli siti dispersi fra le montagne della regione aragonese.
Un'infrastruttura giuridica, che consenta agli ecomusei di darsi
delle missioni ben definite e delle "regole di comportamento".
In questo caso penso all'esempio unico in Italia della Regione Piemonte,
che ha promulgato una legge regionale sugli ecomusei.Questa definizione
giuridica permette all'ecomuseo di stabilire delle relazioni politiche
con altre istituzioni pubbliche ed altre realtá private.
L'ecomuseo infatti deve svolgere un ruolo di meta-istituzione coordinando
l'azione di diverse strutture: l'ecomuseo di Bergslagen ad esempio
comprende 7 comuni diversi.Spesso quindi l'ecomuseo deve coordinare
l'azione di associazioni culturali, singole persone della comunitá,
fondazioni private, comuni, provincie, regione, scuole pubbliche,
Comunitá Europea, che sono una struttura ben definita sul
piano giuridico puó assicurare.
Un'infrastruttura finanziaria, che consiste nell'assicurare le basi
economiche dell'ecomuseo attraverso la ricerca di fondi sia pubblici
che privati (a tal proposito spesso gli ecomusei si sono trasformati
in fondazioni). La pianificazione economica a lungo termine, attraverso
la preparazione di un business plan la ricerca di strumenti di verifica
costante degli obiettivi, é fondamentale per la sopravvivenza
dell'ecomuseo e dello sviluppo sostenibile del territorio. La gestione
dell'ecomuseo deve inoltre poter garantire il raggiungimento die
requisiti di idoneitá per poter partecipare a progetti internazionali
e attivare i finanziamenti della Comunità Europea.
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du Musée Communautaire dans les stratégies de développement",
in II Econtro International de Ecomuseus, Santa Cruz-Rio de Janeiro,
Brazil
Federico Zatti. Laureato in Scienze
della Comunicazione con una tesi sperimentale sui musei e gli ipertesti,
lavoro a Roma a Rainet, società internet della RAI, occupandomi
dei progetti di integrazione fra web e TV. In particolare ho progettato
i potali internet di Raiuno, Raidue e Raitre. Per una casa di produzione
televisiva seguo lo sviluppo di nuovi format, in qualità
di producer e autore. Ho progettato il Museo Fellini di Rimini,
un museo multimediale in corso d'opera.
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