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Ricerca curata dalla classe 4A "Rodari"

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Cristoforo Colombo e il Nuovo Mondo

articoli di: Eleonora e Francesca, Annalisa, Giacomo, Michael, Dario B., Marco, Luca, Daniele, Silvia, Andrea A., Andrea Al., Andrea G., Giulia F., Giulia Fa., Dario R., Chantal, Monica,  Alessandro, Davide.

Marco.gif (33319 byte) LA NAVIGAZIONE
DARIO B.

Cristoforo Colombo fu il solo grande navigatore della storia a seguire dall'inizio alla fine la sua impresa. Le sue conoscenze nautiche si svilupparono in poco meno di vent'anni periodo nel quale studiò una nuova scienza: la navigazione di lungo corso.

Cristoforo Colombo approfondì gli studi sulla terra sostenendo che era sferica. Pensava di poter raggiungere il Catai (Cina) navigando sempre verso occidente ma nei suoi studi c'era un errore fondamentale nella valutazione delle distanze e delle dimensioni del continente euro-asiatico perché pensava che la circonferenza della terra fosse inferiore a quella reale.

Per poter realizzare il suo progetto chiese aiuto in denaro alla corte del Portogallo ma non fu ascoltato. Dopo diverso tempo riuscì ad ottenere gli aiuti necessari al viaggio dai sovrani di Spagna.

Malgrado le difficoltà per l'arruolamento dell'equipaggio(nessuno voleva imbarcarsi per un viaggio ritenuto senza ritorno),finalmente il 4 agosto 1492 Cristoforo Colombo salpò dal porto di Palos con tre piccole navi:le caravelle(la Nina,la Pinta e la Santa Maria)per realizzare la sua idea. Ma la vera e propria traversata dell'Atlantico cominciò dalle isole Canarie sotto la spinta dei venti alisei.

Soltanto il 12 ottobre dello stesso anno approdò nell'isola di Guanahani(oggi isola di Watling),alla quale dette il significativo nome di San Salvador. Il viaggio di ritorno fu tormentato da gravi burrasche nella zona dei venti variabili all'altezza delle Azzorre;finalmente,il 15 marzo 1493 Colombo giunse in Spagna,dove ebbe accoglienze trionfali.

Sicuro di aver raggiunto le Indie(da ciò in nome Indiani dato agli indigeni d'America),Colombo esplorò molte isole del Nuovo Continente,dove compì altri viaggi,sempre in nome della Spagna,nel 1493,nel 1498,nel 1502.

 

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MARCO A.  Il viaggio di Colombo

Dopo settanta giorni di navigazione turbata da avarie e in seguito da manifestazioni di scontento dell'equipaggio stanco e sfiduciato,la Santa Maria,la Pinta e la Nina giungono in vista della terra.

Questo passo,tratto dal Giornale di bordo del primo viaggio(1492-1493)pervenuto fino ai nostri giorni dell'approdo della flotta sulle coste americane.

Colombo sarebbe morto dimenticato quattordici anni dopo, nel 1506, dopo altri tre viaggi nelle Americhe; non avrebbe mai conosciuto l'autentica portata della sua scoperta, convinto fino alla fine di aver raggiunto il Giappone.

Cristoforo Colombo navigò verso ovest-sud-ovest; ebbero il mare più tempestoso che avessero mai sperimentato durante tutto il viaggio.

In questo giorno fino al tramonto percorsero ventisette leghe. Dopo il tramonto Cristoforo Colombo riprese la sua rotta verso ovest, coprendo dodici miglia all'ora, cosicché fino a due ore prima di mezzanotte avevano percorso novanta miglia, che sono ventidue leghe e mezza.

Due ore dopo mezzanotte apparve la terra, a una distanza di circa due leghe da loro.

Subito si radunò in quel punto molta gente dell'isola che non avevano armi che non conoscevano neppure.

“ In quest'isola non ho mai visto animali di nessuna specie, salvo pappagalli.”

Queste sono le ultime parole di Cristoforo Colombo.

 

 

 

LE CARAVELLE   MONICA.gif (8349 byte) di Giulia Fa. e Monica

Cristoforo Colombo parte da Palos (Spagna) il 3/8/1492 con 2 capitani, 120 marinai e 3 caravelle : la Nina, la Pinta e l' ammiraglia Santa Maria, rispettivamente di 100, 140 e 200 tonnellate di stazza.  Le caravelle gli sono state messe a disposizione dalla regina Isabella.   

Il 12. 10. 1.492, un colpo di cannone sparato dalla Pinta, annuncia l'avvistamento della Terra. Colombo era convinto di avere scoperto le Indie, in realtà aveva scoperto il Nuovo Mondo.

 

 

 

LE   NAVI  DI  CRISTOFORO   COLOMBO

DI Luca T. 

LA   SANTA  MARIA

La notte di  Natale 1492 , mentre  l’equipaggio  festeggiava e  il  timone  era  stato affidato a un mozzo, l’ammiraglia di Colombo, la Santa Maria, urtò contro un banco di corallo presso l’isola di Hispaniola ( haiti ) e si riempì di acqua. S’adagiò su un basso fondale e, visto che non si poteva rimetterla a galla, tutto il legname recuperabile dello scafo e degli alberi venne utilizzato per costruire sull’isola un fortino che ospitò l’equipaggio, il quale non poteva trovare posto sulle altre due piccole navi. La Santa Maria era un’imbarcazione a tre alberi; varata nel 1480, misurava 23,60 m. di lunghezza 7,92 m. di larghezza e aveva una stazza di 250 t.; aveva un equipaggio di 39 uomini e un armamento di 4 bombarde, diverse colubrine e numerose balestre e spingarde portatili.

 

LA   PINTA

La Pinta (= variopinta) era una caravella con due vele quadre e una latina. Non si conosce ne la data del varo ne le sue esatte dimensioni. Secondo alcune ricostruzioni misurava da 18,25 a 23,60 m. di lunghezza; da 5,80 a 6,30 m. di larghezza; stazzava circa 154 t. e aveva un equipaggio di 25 uomini. Colombo l’aveva noleggiata da Gomez Rascon e Cristobal Quintero che con Martin Alonso Pinzòn ne furono i comandanti mentre Francisco Martin Pinzòn ne era il pilota. Era molto veloce e poteva percorrere anche 14 miglia allora.

 LA NINA

La Nina (= ragazza ) era una caravella a vele latine. Non si conosce la data del suo varo; aveva come dimensione 21,44 m. di lunghezza, 6,44 m. di larghezza, stazzava 147 t. e aveva un equipaggio di 20 uomini. Era munita di 3 ancore. 

 

L'errore di Colombo di Andrea A.

Il 3 agosto 1492 Cristoforo Colombo partì con 3 navi la Nina, la Pinta e la S. MARIA.  Colombo era in cerca dell'Asia.  Ma si ritrovò in America e non capì di aver scoperto un continente  nuovo.  Egli credeva di essere giunto vicino all'isola di Cipango (Giappone) descritta da Marco Polo 

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 isola di Cipango

G
iappone.
Il Giappone era noto a Marco Polo wpe1.jpg (4590 byte)che lo chiamava Cipangu, ma non fu mai da lui visitato. Marco Polo apprese il nome Cipango dai Cinesi, mentre Conti invece dà al Giappone il nome di Japan. I primi europei che sbarcarono in Giappone furono, nel 1543, degli avventurieri portoghesi, la cui nave era stata spinta dalle tempeste oltre i porti cinesi fino a quelle isole remote.

Sul globo di Behaim è disegnata una tenda reale nell'isola di Cipangu. Alla sua estremità settentrionale sono mostrate una moscat nuswalt [foresta di noce moscata] ed una pfeffer walt [foresta di pepe]. Le iscrizioni seguenti sono sull'isola stessa:
Isola di Cipangu

L'isola di Cipangu ha un proprio Re ed una propria lingua; gli abitanti adorano idoli.

 

Cipangu dove cresce molto oro.

 

IL MAIS 

a cura di Giacomo M.

introduzione

Il mais è una creazione dell' uomo : in America Centrale, molti secoli fa vennero  incrociate diverse piante alimentari per ottenerlo .

Fu  grazie alla scoperta dell' America da parte di Cristoforo Colombo, che questo frutto venne conosciuto e portato in Europa .

Il mais era una pianta talmente importante infatti in America costituiva l' alimento principale, che le popolazioni indigene e ressero molti templi agli dei in segno di ringraziamento.  Dalla Spagna, nel 1500 , il mais venne importato in Italia dove la sua coltivazione si diffuse rapidamente. Il mais è anche chiamato granoturco ,melica, frumentone.

LA PIANTA

Il mais è una pianta “preparatrice “ perchè serve a preparare il terreno per le successive colture in quanto richiede lavori profondi di aratura

IL FUSTO E LE FOGLIE

Il fusto della pianta è alto in media ,3 metri . L'interno del fusto è pieno e, vi si trovano i fasci per il trasporto della linfa e una sostanza midollare Zuccherina che serve da nutrimento durante la siccità. Dal fusto partono lunghe foglie con nervatura parallele .

I FIORI

Nel mais i fiori maschili ed i fiori femminili sono distinti tra loro I fiori maschili sono posti sulla sommità del fusto e formano il pennacchio . I fiori femminili formano la spiga chiamata impropriamente “pannochia “

IL FRUTTO

Le “pannochie “ sono costituite da tanti “chicchi “ attaccati alla parte centrale chiamata “tutolo”.  Il frutto del mais (chicco ) si chiama “cariosside “.

 

  I CAMPI E L' AGRICOLTURA di Eleonora e Francesca 

 

In autunno si prepara la terra per la semina . Si mette il concime, i fertilizzanti, il letame

In autunno si semina: il grano, le cipolle, le fave, l'orzo, i ceci, l'aglio...

In primavera si seminano:i pomodori,le patate, l'insalata, le carote...

Per arare la terra servono: la zappa, l'aratro,la calce, la vanga. Servono i vari attrezzi secondo cosa bisogna seminare.      IL LETAME è la sostanza che viene messa nel terreno per favorire meglio la crescita e l' alimento delle piante, ma non inquinando la natura come i fertilizzanti.    Ognuno, per coltivare, aveva il suo pezzo di terra.  Non si mischiano mai due o più coltivazioni insieme perchè ogni cibo ha il suo pezzo di terra

Eleonora e Francesca

 

     

 

    GLI INDIOS E LA CACCIA di Dario R.    RUBECA.gif (5582 byte)   ALBORI.gif (24164 byte)

Gli Indios erano molto bravi nel cacciare, anche perché per loro era fonte di sopravvivenza .

Usavano molte tecniche di caccia tra cui le più usate erano trappole, archi e lance.

Le loro prede preferite erano castori, cervi, alci e bufali; ma il tipo di caccia più importante era quella al bisonte.

Infatti, questo animale dava agli Indios, oltre la carne, le pelli per fare scarpe, vestiti e case, ossa per fare utensili. Da questo animale dipende la vita o la morte per intere tribù.  Alla caccia al bisonte partecipava tutta la tribù. Questo animale molto forte viveva in branchi e si spostavano a seconda delle stagioni nelle praterie americane. Gli Indios seguivano le sue tracce e quando le trovavano, armati di archi e lance, si lanciavano al galoppo sui loro cavalli e cercavano di ucciderli; questo era il compito dei guerrieri.

Le donne, i bambini, gli anziani invece, spellavano gli animali morti e prendevano le parti utili alle proprie necessità.

Questa caccia era molto pericolosa; infatti, alcuni guerrieri venivano travolti dai bisonti in fuga. Il ricavato della caccia veniva diviso, a seconda dei bisogni ,tra tutti i membri della tribù.

GLI INDIOS di Alessandro G.alessandro.gif (3965 byte)

Mangiavano spesso una zuppa densa chiama mote con erbe e pepe di Cajenna. Mangiavano pure quotidianamente il pane di grano turco macinato ridotto in pasta e cotto nella brace.  Le proteine che mangiavano erano la carne seccata al sole e bollita in zuppe. Mangiavano  i pesci e i crostacei, rane, uccelli,vermi, lumache e vari frutti specialmente la tuna un frutto dolce e secco molto importante.  Alcune erbe bollite ripiene della tuna, carne salata che si manteneva a lungo. Mangiavano la chica masticando i chicchi di mais e per facilitare la fermentazione usavano la saliva.

 

GLI INDIOS di Alessandro G.

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Mangiavano spesso una zuppa densa chiama mote con erbe e pepe di Cajenna. Mangiavano pure quotidianamente il pane di grano turco macinato ridotto in pasta e cotto nella brace.  Le proteine che mangiavano erano la carne seccata al sole e bollita in zuppe. Mangiavano  i pesci e i crostacei, rane, uccelli,vermi, lumache e vari frutti specialmente la tuna un frutto dolce e secco molto importante.  Alcune erbe bollite ripiene della tuna, carne salata che si manteneva a lungo. Mangiavano la chica masticando i chicchi di mais e per facilitare la fermentazione usavano la saliva.

     

GLI INDIOS

Gli indios vestivano in modo strano. Gli indios si vestivano con piume ricavate dagli uccelli. Cacciavano per ottenere il cibo e le pelli. Le pelli le usavano come vestiti.

LE CASE DEGLI INDIOS

Nel periodo in cui arrivò in America la popolazione del luogo viveva in piccoli villaggi. I villaggi erano costituiti da capanne costruite in paglia, legno e riviste da pelli di animali cacciati, la cui pelle veniva essiccata al sole. Le popolazioni vivevano di caccia e di pesca ed il cibo veniva consumato all'interno delle capanne che serviva anche per riscaldarsi. Le case – capanne non erano costruite in forma stabile ma poiché le tribù si spostavano, venivano costruite nella parte di territorio dove il clima era più favorevole a seconda delle stagioni.

di Davide e Giulia Fi.

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STORIA DEL POMODORO di Daniele

Pianta appartenente al genere Solanum (secondo la classificazione di Linneo)o Lycopersicon sub genere Eulycopersicon specie Esculentum (secondo la classificazione di Miller ). Originaria ,come pianta selvatica , della zona nord occidentale dell'America del sud ,si diffuse nell'America centrale e fu poi introdotta in Europa dagli Spagnoli. Inizialmente il pomodoro era coltivato come pianta ornamentale, perché ritenuto addirittura velenoso. L'utilizzazione del frutto come vegetale commestibile, trova tracce nel 500. Mentre nell'Europa meridionale, ma anche in Boemia ed in Inghilterra a partire dal XVIII secolo, il pomodoro fresco o come sugo bollito, riscuoteva successo, nel Nord America trovava invece molte difficoltà, probabilmente dovute al mantenimento delle caratteristiche di altre specie ad altro contenuto di alcaloidi. Nel 1820 il colonnello Robert Gibbon Johnson, provocatoriamente, mangiava, davanti ad una folla attonita e prevenuta, un pomodoro senza morire avvelenato ponendo fine ad ogni residuo pregiudizio. Da quel momento la coltivazione del pomodoro subiva una svolta in senso intensivo. Qualche decennio dopo, cominciarono a comparire nei testi di botanica, le prime descrizioni di varietà a frutto largo, a frutto lungo e a frutto piccolo. Nel 1800 in Italia la coltivazione del pomodoro si diffuse tra gli agricoltori ed entrò nell'economia di mercato. Nello stabilimento piemontese di Francesco Cirio , nell'ultimo quarto del XIX secolo ,che cominciò la produzione industriale dei pomodori conservati.

La patata di Andrea G.

circa quarant'anni dopo la scoperta dell'America gli europei conobbero la patata, che rappresenta uno dei doni più preziosi che il Nuovo Mondo abbia offerto all'Europa .

La patata è fra le piante agrarie, una delle più interessanti ed utili; di essa si utilizzano, a scopo alimentare, i tuberi formandosi all'estremità degli stoloni i quali si dipartono dalla porzione ipogea, cioè sotterranea, del fusto . Per molti popoli, soprattutto delle zone temperate, le patate sono una fonte di alimento di importanza di poco inferiore a quella del frumento, del riso e del mais.

Probabilmente originaria del Cile ed ivi coltivata in epoca precolombiana, la patata è conosciuta allo stato selvatico e ciò testimonia della sua antichissima coltivazione da parte dell'uomo. Fu importata in Spagna verso la metà del 1500 e dapprima inviata a Roma , in omaggio al Papa . Per molti anni , a causa della condizione ancora semi – selvatica dei tuberi,piccoli ed alquanto agri di sapore , gli Europei né l'apprezzarono, né si avvidero di aver ricevuto la pianta che, nei secoli futuri, avrebbe fatto scomparire dal mondo civile il flagello delle carestie, un tempo sempre conseguenti alle guerre. Raccomandata e consigliata da molti uomini dotti del 600 e del 700 , la patata venne, per così dire, “ riscoperta “ dal francese Parmentier. Ad essa egli essa doveva la vita poiché, prigioniero in Prussia durante la “guerra dei sei anni “ ( 1756- 1763 ), evitò di morir di fame per essersi potuto nutrire di patate. Tornato in patria tanto si adoperò a propagandare la coltivazione ed a magnificare le virtù che riuscì a far comparire le patate persino sulla mensa del re di Francia. Da quel momento la coltivazione si diffuse in tutta l'Europa. Nel nordamerica la patata era coltivata già da tempi molto antichi.

 
 

 

 

GLI INDIOS di Michael

Credendo d''essere giunto in India, Colombo chiamò gli uomini che trovo al termine del suo viaggio “ INDIOS “ indiani .  Il nome rimase anche quando ci si rese conto dell' errore di Colombo.  Complessivamente si calcola che vi fossero in tutta l'America del Nord, non più di un milione di individui, organizzati in tribù, che avevano ognuna modi diversi di vivere.

Vi erano tribù, nelle zone orientali, che praticavano una rudimentale agricoltura spostandosi di continuo ; oltre che praticavano la caccia al bisonte , muovendosi nelle grandi pianure al seguito di branchi di animali in migrazione, altri ancora che vivevano di pesca.   Tutte queste attività non creavano problemi agli “INDIOS” perché non erano in molti e disponevano di ampi spazi.   Erano organizzati in tribù e ogni tribù comprendeva dei clan che si identificavano con il nome di animali o piante.      Era per loro un modo di sentirsi parte della natura.   Tutto questo perfetto equilibrio tra uomo e natura fu rapidamente distrutto con l'arrivo dei bianchi.

LE ABITAZIONI

 Teepee (TIPI) è il nome della più classica delle abitazioni indiane nelle “Grandi Pianure”. Esso deriva dall'unione di due parole del linguaggio dei Sioux che significano” adatto per abitare”.   Il tipi' era costruito con pelli di bisonte fissate intorno ad una struttura di pali di legno.  L'apertura in alto serviva a permettere l' uscita del fumo.  Questa abitazione era adatta alle tribù nomadi perchè facile da smontare e trasportare.      Altre abitazioni indiane del nord-est erano i” wigwam”, fatte di pali di legno che si incontravano in alto ad arco e poi ricoperti di corteccia di betulle o di stuoie.  Costruivano anche capanne circolari di terra.

 

La civiltà Inca

GLI INCAS di Annalisa

Fra i popoli che anticamente abitavano la regione dell'America del Sud (Perù) specialmente quello degli INCAS, raggiunse un elevatissimo grado di civiltà. Al momento della sua massima espansione essa si era estesa oltre il Perù, su una gran parte dei territori appartenenti all'odierna Bolivia , all'Equador e al Cile.  Questa espansione terminò con l'arrivo degli europei.

Nel 1532 sbarcava sulle coste peruviane il “conquistatore” spagnolo F. Pizarro il quale, con pochi uomini, ma forte di navi, di cavalli e di armi da fuoco, si impadronì senza difficoltà dell'Impero INCA.

Nel 1571 gli spagnoli uccidevano l'ultimo imperatore inca,  Tupac Amaru, dal quale prenderanno poi nome i movimenti rivoluzionari (tupamarus) dell'intero continente. 

I territori degli INCAS,  (anche l'Argentina e il Venezuela) divennero colonie spagnole; e furono sfruttate per un paio di secoli circa .

L'agricoltura di queste tribù forniva il sostentamento all'Impero, mentre il lavoro forzato permise la costruzione di un vasto complesso di gallerie montane e strade costiere, che servivano al commercio e garantivano  la comunicazione (attraverso i messaggeri) degli ordini reali nei vari angoli dell'Impero.   Questi ultimi venivano recapitati tramite un sistema di staffette umane (gli INCAS non escogitavano le scritture e le comunicazioni erano trasmesse mediante un codice di cordicelle o nodi).   Come gli antenati, gli INCAS non crearono nulla di originale essi erano i barbari che avevano assorbito l'arte e le tecniche delle tribù conquistate e culturalmente più avanzate.   Come gli Aztechi, adoravano il sole.   Il loro governo non alimentò la fedeltà al sovrano,  così che l'Impero si disgregò alla prima apparizione degli Spagnoli.

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