Gioco


Giocare per dimenticare!

In base a diverse testimonianze abbiamo notato che i giocattoli sono cambiati, ma lo scopo del gioco è sempre lo stesso. I nonni, a quei tempi, avevano a disposizione più spazi, non utilizzabili del tutto per via dei bombardamenti, come noi oggi, che abbiamo aree attrezzate, ma dobbiamo stare attenti agli estranei e agli oggetti che si possono trovare in terra. Riguardo ai momenti di gioco nella giornata, loro potevano giocare di sera, mentre noi dobbiamo giocare il pomeriggio per evitare i brutti incontri serali. Ci ha colpito il fatto che loro potevano giocare con oggetti molto pericolosi come proiettili e bombe inesplose divertendosi a farle scoppiare. Al tempo dei nostri nonni si giocava all’aperto, in gruppo, con pochi giocattoli a disposizione e ci risulta che si divertissero moltissimo. Al giorno d’oggi i bambini giocano in casa, da soli, con molti giocattoli, anche sofisticati e costosi, ma si divertono di meno; quindi forse sarebbe meglio fare un passo indietro per recuperare la fantasia e la voglia di giocare di una volta!

Continuavamo ad ascoltare come rapiti:

... La cartella serviva anche per andarci a scivolare sulla neve; al mattino si partiva un quarto d’ora prima per andare a scuola e andavi sulla neve ghiacciata e allora scivolavi e allora la cartella serviva anche da slitta.

Come giochi, naturalmente non c’erano giochi, ci si divertiva così con quello che si aveva si costruiva. Per esempio, io parlo per la mia esperienza, facevamo una casetta, si giocava con le bambole, così, così, niente altro!

Io le giostre non le ho mai viste, mai, mai.

Il gioco che facevo più volentieri era quello di nascondino alla sera, quando avevamo finito tutto, fatto i compiti, incominciava ad imbrunire, e allora eravamo un gruppetto del nostro rione, ci si metteva assieme e si andava a nascondersi nei vari buchi. La domenica, con un pallone di pezza, perché facevamo il pallone di pezza, di stoffa, facevamo assieme, si cuciva, si legava con della corda e allora si andava a fare la partita a calcio fra di noi, a piedi scalzi, no ma a volte avevi anche un paio di ciabatte, un paio di scarpe, però bisognava stare attenti a non rovinarle, perché poi c’erano solo quelle, stare attenti ai sassi, per non inciamparti. E poi, periodo di guerra, noi non ci rendevamo neanche conto, e allora anche noi giocavamo alla guerra, si faceva una specie di fucile di legno, con l’elastico poi si metteva un pezzo di ferro, con un’estremità che si agganciava sopra così, e poi con il grilletto si faceva partire, quando vedevi il nemico davanti gli sparavi questo elastico. Quelli più o meno erano i nostri giochi.”

Pattini, biglie e figurine.

Io,giocavo con delle amiche del rione, vicino alle case così, ci si conosceva tutti, io parlo per la mia esperienza, qui alla Provinciale, che adesso è trafficata di macchine qua e là, invece a quel tempo era vuota, perché non c’erano mezzi di trasporto se non la bicicletta, e si andava con i pattini a rotelle o con la corda. Avevamo i pattini a rotelle, ma erano dei pattini, sì con le rotelle, però non come quelli che ci sono adesso, proprio in una maniera molto diversa, quattro ruote, le cinghie, sì, quattro cinghie legate; o se no si giocava tanto con le birille, si faceva un percorso per terra, si tracciava un percorso e poi con ‘ste birille si faceva la gara, oppure con le figurine, c’erano le figurine dei calciatori e si giocava, si buttavano contro il muro, si stava a una distanza, queste figurine le buttavamo contro il muro, e quello che riusciva ad andare più vicino vinceva le altre figurine, tutti giochi così.


Bambina con i pattini a rotelle
sulla strada provinciale

 

 

 

 

 

 

 

 

Oppure il gioco che si chiamava “la settimana”, si disegnava il gioco della settimana e poi con la gamba saltellando si andava fino in fondo. Invece io prendevo cinque pietre, si chiamava il “gioco delle cinque pietre”, cinque pietre più o meno uguali, e si faceva saltare una, se ne prendeva un’altra, poi due e chi sbagliava ricominciava da capo, penso che lo fate anche oggi.

Il palio senza cavalli.

Le biglie erano di terracotta colorata. E io avevo sempre le tasche piene, perché poi quello che riusciva a vincere, vinceva le biglie, e allora lì andavi in giro con un po’ di biglie da una parte, un po’ di spago dall’altra parte, avevi sempre le tasche piene di cianfrusaglie.
Perché lo spago?

Lo spago serviva per giocare “al palio”.

Cos’era il palio?

Il palio era: un altro bambino, noi ad Asti facciamo il palio, che gli mettevi i finimenti, le briglie, e correva davanti, poi ci si metteva in diversi, si correva e facevamo il palio. Lo vedete anche voi il palio con i cavalli veri,
loro poverini non ce l’avevano, no, no, con lo spago si faceva quel gioco, si faceva passare lo spago, poi si tirava, insomma là. Una biglia di vetro valeva 10, 100 lire. Erano di terracotta e si rompevano. Quando giocavamo con le biglie, chi vinceva si beccava le biglie degli altri, le avevamo in tasca, ne avevamo tante, facevamo un giro e dopo quel giro lì, finito quel giro lì, rimettevamo le biglie alla partenza e chi arrivava prima si beccava di nuovo le biglie degli altri. Quelli che erano più bravi, avevano sempre le tasche piene. E gli altri dovevano arrangiarsi a prenderle in un altro modo. Sì, ma ce n’erano per tutti. Le figurine non erano plastificate, non erano belle come queste qui, erano stampate su del cartoncino, abbastanza belle. Io mi ricordo che facevamo la gara fra noi ragazzi, chi si ricordava le squadre, io sapevo i nomi di tutte le squadre della serie A, della serie B, ma una cosa incredibile! Sotto le figurine c’era il nome del calciatore, poi dietro c’era la formazione. Non erano autoadesive, le tenevamo a blocchetti, anche quelle in tasca o da qualche parte. E poi facevamo lo scambio anche noi delle figurine, ma serviva per la memoria il fatto di ricordarsi le formazioni e poi facevamo la gara a chi se le ricordava più dell’altro. Le biglie le compravamo. C’era il negozio che vendeva le biglie.

I pattini avevano quattro ruote di ferro o di legno. No, le prime erano di ferro, poi son venute di legno ed avevano soltanto delle cinghie che legavano così. Sì, sì, anch’io li avevo a casa. C’erano due cinghie che legavano il piede, praticamente, non c’era come adesso tutta la scarpa, e con le scarpe normali si andava.


Giochi su di un carro armato
foto: James Nachtwey / Magnum

I giocattoli ce li inventavamo.

“Per me i giocattoli non esistevano, non ce n’erano, li facevo io, ce li inventavamo: la trottola, lo yo-yo, la spada, il fucile, la pistola, il monopattino, tutte cose che ci si costruiva noi per giocare, altre non ce n’erano, oppure quelli che c’erano costavano cari e non si potevano comperare. Le biciclette non esistevano. Oh, le biciclette non esistevano. Noi bambini in bicicletta non andavamo mica.
Io per esempio, la prima bambola, la prima vera bambola l’ho vista quando avevo 13-14 anni. Mio papà a Natale non ci faceva doni come adesso, mia mamma prendeva un pezzo di stoffa, la riempiva di segatura, poi la cuciva nel bordo della testa, le faceva le braccia, le gambe, poi le disegnava la faccia, e quello era il regalo di Natale con magari un mandarino, due noci, ma i giocattoli ce li facevano i nostri genitori.
Noi in quel modo lì ci facevamo i burattini. La fionda ce la facevamo noi, quella non mancava mai. Era l’unica cosa che non mancava mai. Nelle tasche insieme alle biglie la fionda.

Avevamo anche i soldatini di piombo, che non erano di piombo, ma erano soltanto soldatini di carta. Si comperava il giornale con i soldatini, si ritagliavano, e si mettevano in piedi, e poi si incollavano. La colla non si trovava, allora prendevamo della farina bianca, la si mescolava con dell’acqua, si faceva una pappetta, dopo di che si incollavano le figurine sopra il cartone, giusto, e quello lì era il gioco dei militari, dei soldati di piombo. Noi li chiamavamo i soldati di piombo, perché esistevano i soldati di piombo e ci sono ancora nei vari musei, i soldatini di piombo che si usava giocare la guerra allora, ma era una prerogativa dei signori, dei ricchi, quelli che avevano la possibilità di comperare i soldati di piombo. Noi altri ci accontentavamo dei soldati di carta. A quei tempi soldi non ce n’erano, non c’era niente da comprare e niente da spendere. Appunto questo motivo aiutava la fantasia a creare dei nuovi giochi.
Ecco, appunto, noi avevamo sempre dei giochi inventati, fatti da noi, non so, palla di stracci, io mi ricordo avevamo delle palle da tennis che ci davano quelli che avevano il gioco del tennis, ed erano palle scartate, che non servivano più perché gli mancavano i peli e diventavano delle palle nere, lucide. Noi con quelle palle da tennis tracciavamo un campo da tennis con delle righe e giocavamo a tennis con quelle palle lì, con le mani, non c’erano le racchette. Facevamo delle partite incredibili, mettevamo la palla dove volevamo, eravamo diventati veramente bravi, perché la palla è leggera, si colpiva bene, a mano. Le regole erano quelle del tennis, noi tiravamo una corda e quella corda doveva essere rispettata, non si poteva passare sotto. No, no, ma eravamo bravi, facevamo dei tornei, proprio.
Usavamo un pallone con un elastico. Era una palla, fatta come una palla da tennis, riempita di segatura, cucita con una pelle attorno, poi c’era l’elastico, ma quella la usavano più che altro i ragazzini di 13 anni che andavano a far venire fuori le ragazze, allora si mettevano dietro e gliela tiravano addosso.

La pallacanestro l’hanno portata gli americani, non la conoscevamo nemmeno. Sai il primo pallone che io ho visto di calcio? Il primo pallone, un pallone ovale. Perché a quei tempi sono arrivati gli americani e davano anche, insieme alla cioccolata, anche qualche giocattolo. Io mi ricordo di ‘sto bellissimo pallone ovale, e allora nei prati a giocare a calcio col pallone ovale da rugby e figurati che partite potevamo fare con un pallone da rugby per giocare a calcio. E mi ricordo, il primo pallone che ho visto è stato quello.


Altalena improvvisata nelle strade
foto: James Nachtwey / Magnum

Automobilismo e calcio.

Le macchinine non erano ancora nelle nostre menti. Anche perché l’automobilismo, a quei tempi, non era molto diffuso come adesso. Quindi il fatto di avere il pensiero sulle macchinine è portato dal fatto che vedi le macchine, vedi la televisione, vedi le gare automobilistiche. Noi a quei tempi non avevamo niente, vedevamo al massimo una gara di Juve, di Toro, di calcio; noi ci facevamo la nostra bella palla, quello che era più bravo lo chiamavamo “Gabetto”: a quei tempi era il centravanti del grande Torino, e lo chiamavamo Gabetto perché giocava meglio degli altri. I giochi che si usavano di più erano quelli che uno faceva manualmente. Ma praticamente c’era anche poco per giocare, c’era anche poco perché arrivando da scuola già alle quattro le cinque di sera e fare qualche compito, non c’era più tempo per giocare, solo il periodo delle vacanze ti sfogavi un po’. Comunque si giocava anche a pallone, allora. Sì, tante partite a pallone.


Bambini che giocano su un carro armato
foto: Abbas / Magnum

Il giocattolo preferito era giocare alla guerra. O giocavi alla guerra o giochi a pallone. Guardie e ladri, nascondino.


1944 Bambini giocano su di una carcassa di moto da guerra
foto: Robert Capa / Magnum

In quel periodo lì non c’era come adesso la serie A, la serie B, c’erano delle zone nelle quali le squadre, sia di serie A sia di serie B e di serie C, giocavano contemporaneamente lo stesso campionato, perché non c’era la possibilità di grandi spostamenti, c’erano delle zone che non si potevano raggiungere. E allora succedeva che veniva la Juve ad Asti, per esempio, io me lo ricordo, è venuta la Juventus ad Asti una volta e giocava contro l’Asti, è stata una cosa enorme, la gente che è andata, figurati la Juventus ad Asti, a giocare contro l’Asti. La Juve ha vinto e stravinto, non mi ricordo più il punteggio. Mi ricordo che quel giorno sono state sfondate tutte le reti di recinzione del campo, tanta era la gente, la ressa che voleva vedere la Juve.”

“Prima chiedevate i giochi che si facevano, di sera. Una volta non c’era la televisione, non c’era tanto il cinema e c’era più un contatto umano con la gente, si giocava fuori, ci si parlava, sovente si vedeva la gente seduta fuori di casa con la sedia, passavano le serate così.”

“Quando giocavamo a calcio, c’erano le porte: si metteva una pietra da una parte e una dall’altra. Mettevamo una giacca di qua e una giacca di là. La differenza di allora rispetto ad adesso è che adesso voi avete in casa palloni da calcio di ogni genere. A quei tempi avere un pallone da calcio era una cosa incredibile, e allora ci facevamo delle belle palle con gli stracci, giocavamo così. Io giocavo scalzo, quel signore là diceva che aveva gli zoccoli, io invece mi ricordo perfettamente che il mio problema da bambino era quello di aggiustarmi sempre le dita dei piedi che erano sempre rotte. Grandi partite a calcio, a piedi nudi, con una palla di stracci.

Fuochi d'artificio

Noi nelle campagne trovavamo delle strisce di proiettili di bazooka, mitragliatrici e allora cosa facevamo? Erano dei proiettili lunghi una spanna. Andavamo vicino ad un muretto, poi mettevamo un paio di mattoni uno sull’altro, mettevamo il proiettile appoggiato al mattone, dietro al proiettile mettevamo una candela e poi andavamo a nasconderci. La candela scaldava la capsula e partiva il proiettile. L’incoscienza che c’era una volta! E noi ci divertivamo in quel modo lì. Bel divertimento! Eravamo talmente abituati allora a queste cose, che non ci facevamo neanche caso, cioè non si pensava all’incoscienza che avevamo, perché noi, per esempio, queste cartucce, lui diceva che gli dava fuoco con la candela e invece noi con le pinze si toglieva il proiettile, poi si inseriva dentro un po’ di miccia, perché allora miccia ne trovavi dappertutto, un pezzettino di miccia così si infilava dentro e poi con le pinze si stringeva, si chiudeva la cartuccia e poi si dava fuoco alla miccia e con la fionda si buttava via, come arrivava la miccia che faceva esplodere la polvere che c’era dentro, allora c’era lo scoppio e ci si divertiva in quel modo lì. Ma partiva da tutte le parti e facevamo a gara noi.”

Un altro gioco che facevano specialmente in campagna, non c’era la corrente elettrica nelle campagne e ci si illuminava con l’acetilene, che era fatta da carburo, lo mettevano in un fosso, sopra il carburo mettevamo una latta e chiudevamo tutto bene pressato per terra. Quando avevamo predisposto tutto, aggiungevamo l’acqua. L’acqua col carburo faceva una reazione chimica: dopo un po’, tac, partiva la latta e faceva un’esplosione, noi ci divertivamo così.


Bambini sull’attenti in colonia, disposti in modo da formare una “m”, iniziale di Mussolini

C’erano gli oratori e la Gil fascista: l’oratorio consisteva nell’oratorio come quello di adesso, con i sacerdoti dove i bambini vanno a giocare, invece la Gil era un punto ricreativo, sempre del regime, che consisteva in un campo sportivo e in una palestra. Ecco, lì c’erano le palestre, ti facevano fare le parallele, ti facevano andare sulla pertica e poi dopo questi esercizi ginnici ti facevano fare appunto delle piccole sfilate, ti facevano cantare. Alla Gil si faceva quel lavoro lì, mentre invece le parrocchie erano come sono adesso, gli oratori erano come sono adesso.

Noi femmine facevamo cucito, cantavamo, giocavamo anche. Giocavamo a palla, giocavamo a pallaschiava, il gioco della pulce, che si gioca anche oggi giorno...

Gioco